Convergence: Installazione di Poesía Visuale di Cello D’Barros-
Studi e Spazio d’Arte- Il Graffiacielo- Italia
MURO POETICO. Il Labirinto verbale
Per chi non conosce la poesia visuale, tramite le sue opere entra col modo e nel mondo giusto, quella convergenza che sembra magica, una vera alchimia dove lo spettatore apre lo sguardo all’opera e l’opera si offre senza ostacolo alcuno, come in un devenire, una simbiosi che finisce per catturarti e ingressare inconsapevolmente en la comunicazione visiva, comprendendo e interpretando con la innocenza di un bambino, come in una favola, ciò che il poeta con i suoi segni e simboli ci voluto esprimere.
La poesia visual de Tchelo si presenta come un filo conduttore che ci rivela il mistero che segna la strada percorsa nel labirinto per quindi uscirne agevolmente, In questo percorso visuale che ci segna il filo rosso di Arianna, della mano di TChello e della sua poesia possiamo trovare la uscita di una situazione complicata.
Allo stesso tempo TChello con la sua Architettura fratale ci svela la uscita.
Il labirinto come luogo architettonico è sempre stato definito come la metafora di un problema nel quale non c'è via d' uscita, Il labirinto per lo scrittore argentino Jorge Luis Borgues, è un edificio costruito per confondere gli uomini”,
E come si esce del labirinto? All'entrata del labirinto basta appoggiare la mano contro il muro che dà verso l'esterno e camminare senza mai toglierla - per non perdere l'orientamento - seguendo sempre il muro toccandolo con la mano. Nel nostro caso della poesia Visual di TChello, basta seguire con lo sguardo i segni e simboli visivi, incontro fra testo e immagini, lettere con figure, parole con immagini, letteratura con arte visiva, seguire il messaggio dell’autore. Dopo di che, vediamo la luce.
In questa Mostra installazione che si presenta a Il Graffiacielo, le opere giocano fra di sé come in un gran poema visuale, sono parte ognuna di un gran rompicapi dove la lettura si fa in tutte le direzioni perche funziona e se interpreta a tutto tondo, come un gran poema visuale pieno, vitale e completo.
INSTALLAZIONE:
Muro Poetico / Laberinto verbale
Definisco l'installazione di poesia visiva di Tchello presentata a Il Graffiacielo come il muro poetico: il labirinto verbale.
Questo simbolo non appare sempre uguale e in molti casi allo spettatore/lettore vengono fornite varie chiavi per penetrarne il significato, per decifrarne le implicazioni. Tchello ci dà alcune di queste chiavi nello stesso modo in cui ne dà altre per entrare nel labirinto. Infatti: le parole visive più utilizzate nelle sue opere di poesia visuale sono le sue preoccupazioni centrali. Si tratta di concetti elementari, carichi di significati e toni diversi, che servono a guidarci nelle loro letture, allo stesso modo in cui un segno o una freccia, o un filo rosso ci guida a un bivio a scegliere la strada o la direzione da seguire, ma secondo me il primo suggerimento è quello di leggere l'opera in tutte le sue direzioni, alla fine la lettura ci porterà a un punto convergente.
Tchello sfrutta i simboli forniti dalla tradizione, dall'iconografia, dalla letteratura, dalla filosofia, dalla scienza, dalla vita quotidiana e crea un proprio linguaggio rendendo le sue poesie visive un simbolo molto personale e questo perché, grazie a la poesia visuale, esprime la propria visione dell'umano esistenza.
In questo mondo di convergenze o labirinto verbale del muro poetico, la cosa più probabile è perdersi, perdere il filo e morire senza aver capito niente.
Questi labirinti che appaiono e che possono essere temporali, spaziali o retrospettivi sono metafora di un altro labirinto più grande e anch'esso indecifrabile: l'Universo. Ma Tchello ci dà semplicemente la chiave per vedere la luce dell'uscita e la chiave per comprenderla e interpretarla, anche quando sono convinta che proietta e materializza la sua visione del mondo in uno sguardo interiore caotico ma pieno di speranza. Il risultato di questa alchimia è evidente, poiché l'angoscia di sentirsi smarriti ha solo un significato magico, metafisico, come se alla fine del viaggio ci trovassimo in uno spazio mistico e sconosciuto. L'essere umano percorre la vita/labirinto fino ad approdare, attraverso le prove esistenziali, alla conoscenza, in un processo di evoluzione dall'immagine all'interiorità di sé o viceversa. Ed è qui che appare la rappresentazione visiva del muro poetico nell'installazione presentata da Tchello nella sua mostra personale, affrontando questo mondo e trasmettendo quella conoscenza tramite la poesia visuale. La cosa più importante non è la fine del viaggio ma ciò che stiamo raccogliendo, accumulando e imparare durante il percorso per poterlo comunicare. Così il muro poetico rappresenta l'origine dell'alfa e dell'omega, il caos del mondo, la prigione in cui è rinchiusa l'anima, la matassa indecifrabile di un filo dinamico da dipanare e infine trovare e fissare la punta, il filo rosso della vita che collega coloro che sono destinati a incontrarsi, indipendentemente dal tempo, dal luogo o dalle circostanze.
-Una matassa di filo rosso alla rinfusa entra nella mente di Tchello come un imbuto, sono le idee e il mondo disordinato in cui viviamo. Ma Tchello trova la punta del filo, quel filo rosso di Arianna e mette ordine a tutti i pezzi del grand “rompecabezas” contemporaneo costruendo e architettando le sue poesie visive. Quel filo che ci unisce nella poesia visiva e nella vita e ci fa trovare nello stesso punto, filo universale e punto d'incontro dove convergono tutte le idee, i dubbi, le sensazioni e i sentimenti, i pensieri e tutte le direzioni.
Come disse Borgues: "Uscirò dal labirinto quando lo faranno tutti gli altri".
Maya Lopez Muro. Junio/2023- San Giovanni Vno. Italia
Muro Poetico: Laberinto verbal
No hay comentarios:
Publicar un comentario